"LEI Vivian Maier" e "LUI Mike Disfarmer" di Cinzia Ghigliano

Di grande formato, costituiti principalmente da illustrazioni e da testo minimo, gli albi illustrati sono istintivamente percepiti come libri per bambini, quando si tratta invece di una forma comunicativa ricca di potenzialità che può rivolgersi a chiunque senza limiti di età. In questo caso l'editore orecchio acerbo sceglie questa tipologia di libro per raccontare la biografia di due grandi fotografi americani e affida il compito di farceli conoscere all'illustratrice Cinzia Ghigliano, che di immagini se ne intende e che dosa sapientemente figure - che risultano essere spesso citazioni di fotografie stesse - e parole, studiate con attenzione e sensibilità. Il risultato sono due pubblicazioni indipendenti che viene spontaneo mettere a confronto. 
Il formato è lo stesso, così come l'approccio grafico, la palette di colori (in realtà più ricca nel secondo volume) e la scelta di presentare i due soggetti prima frontalmente e poi di spalle, sul retro di copertina. I protagonisti invece appaiono sin da subito molto differenti tra di loro, avvicinati 'solo' dalla comune passione per la fotografia e dall'attaccamento simbiotico per lo strumento fotografico, con cui maturano la relazione probabilmente più intima della loro vita. Entrambi sono infatti individui schivi e solitari, osservatori silenziosi dallo sguardo attento e scrupoloso. La loro visione del mondo, filtrata dall'apparecchio fotografico, è capace di catturare l'istante giusto, l'espressione più significativa, congelando il tempo e divenendo testimonianza di un particolare momento e contesto storico attraverso i ritratti di uomini e donne anonimi, tanti e disparati. Per il resto, le differenze nella loro esistenza e nel loro approccio sono significative.

LEI
è Vivian Maier (1926-2009), tata newyorkese trasferitasi poi a Chicago. Amava prendersi cura dei bambini per le famiglie benestanti presso cui abitava, ma tutto il suo tempo libero lo trascorreva da sola, passeggiando con l'inseparabile Rolleiflex al collo. Il ruolo di fotografa se l'è guadagnato dopo la morte e in modo fortuito, pare infatti che un signore curioso abbia acquistato a un'asta di cose abbandonate innumerevoli negativi e rullini mai sviluppati ("Vivian Maier. Una fotografa ritrovata", John Maloof). A raccontarcela, voce narrante dell'albo, è lo stesso apparecchio fotografico. I suoi scatti sono foto spontanee per le strade cittadine, quasi attimi rubati attraverso cui scoprire il mondo e catturarlo. E poi tantissimi autoscatti in cui, complici ombre o superfici riflettenti come specchi e vetrine, Vivian immortalava se stessa immersa nella realtà circostante. 
I suoi 'sguardi sulla vita', arrivati a noi casualmente, sono il ritratto di un'epoca e di un luogo, diario e testimonianza della straordinarietà del quotidiano.


LUI
è Mike Disfarmer (1884-1959) e della fotografia ha fatto la sua professione da quando, probabilmente a una festa di paese, è venuto in contatto per la prima volta con lo strumento e ne è rimasto folgorato. La sua è la realtà dell'America contadina dell'Arkansas e dell'Indiana. Un contesto in cui l'uomo non si è mai sentito a suo agio (racconta di essere arrivato dalla famiglia che lo ha adottato catapultato da un tornado) e che pareva imbrigliarlo a una identità da cui ha voluto prendere le distanze, modificando il suo nome da Meyer, "contadino" in tedesco, a Disfarmer, "non contadino". Ma quegli uomini e quelle donne di campagna, lui desiderava raccontarli, immortalandone volti e sguardi lasciandoli al mondo per sempre, specchio di un tempo e di un luogo. 
Quelle che ci ha lasciato sono
foto in posa, scattate in studio, su sfondi neutri con strisce nere verticali, controllando con precisione maniacale luci, ombre ed espressioni, (pare chiedesse di non sorridere), alla ricerca dell'istante perfetto. Ritratti oggi esposti nei più importanti musei americani. 
Ci piacciono perché...
Scoprire la vita di personaggi interessanti attraverso gli albi illustrati offre la sensazione di cogliere istanti, impressioni, sentimenti che riguardano il protagonista in modo incisivo e intimo, a completamento delle biografie classiche.
In questo caso, il compito delle illustrazioni era particolarmente ambizioso, dovendo raccontare il mondo di due fotografi che delle immagini hanno fatto la loro vita. Le tavole di Cinzia Ghigliano, artista a tutto tondo che con i suoi personaggi condivide la passione per la fotografia, sono accurate, intense, ricche di particolari e sfumature. Come gli scatti della Maier e di Disfarmer, anche i ritratti dell'autrice raccontano donne e uomini semplici attraverso l'eloquenza dei loro sguardi.
Gli albi si rivolgono a tutti quei lettori dai 9 anni in su che abbiano il piacere e la curiosità di conoscere due dei più importanti fotografi americani carpendone, chi lo sa, la capacità di cogliere e valorizzare gli istanti più significativi del quotidiano.
L'albo illustrato è a tutti gli effetti una forma d'arte e porta con sé la possibilità di nutrire e sviluppare il proprio senso estetico.  

L'autrice
La carriera di Cinzia Ghigliano inizia come fumettista nel 1976 sul mensile Linus. Nel 1978 ottiene il prestigioso Yellow Kid al Salone Internazionale dei Comics di Lucca. Negli anni successivi, assieme a Marco Tomatis dà vita a numerosi personaggi, come Isolina o Lea Martelli, primo esempio di fumetto seriale pubblicato su un settimanale femminile ad ampia tiratura. Nel 1984 nasce Solange, le cui avventure vengono pubblicate in numerosi paesi europei. Ulteriori esperienze la portano a interessarsi di fumetto per ragazzi con la collaborazione a riviste come il "Corriere dei piccoli" e "Snoopy". Contemporaneamente si occupa di divulgazione a fumetti e in questo campo ottiene nel 1986, con Luca Novelli, il Premio Andersen. Successivamente pubblica diversi albi illustrati per l'editoria per bambini e ragazzi. Si dedica inoltre alla pittura ed è docente di illustrazione e fumetto presso la Libera accademia d'arte Novalia.

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